giovedì 31 maggio 2012

Immigrato Mon Amour.



Nei giorni scorsi abbiamo sentito e visto di questo episodio:

http://video.repubblica.it/edizione/roma/rissa-al-mercato-di-porta-portese/96566/94948


apprendendo che "addirittura" i romani, considerati popolo accomodante e obbediente, seppure controvoglia e seppure per perseguire fini individualistici,  che tentano sempre di raggirare l'ostacolo dell'autorità invece che fronteggiarla, si sono indignati di fronte ad un sopruso, a quello che viene definito un abuso di potere.

E non si trattava di ultras da curva, ma di normali cittadini impegnati nello shopping domenicale.

Un segnale di solidarietà tra immigrati deboli e italiani stanchi e sopraffatti, dunque.
E non è l'unico.

Sono sempre stata affascinata dai mercatini e dalle bancarelle, e a volte mi capita di osservare, più che le mercanzie esposte, la varia umanità che caratterizza gli espositori e i frequentatori.

Le licenze degli ambulanti, almeno nel centro storico della città, sono quasi sempre in mano a qualche italiano. Alcuni, evidentemente, non se la passano poi così male, e possono permettersi di starsene da una parte a sorvegliare le vendite, leggendo un giornale o socializzando con la signora radical chic alla ricerca del capo vintage d'occasione, mentre un lavoratore extra-comunitario si occupa del resto.

L'altro giorno due signori in borghese, davanti ai miei occhi, tirano fuori un metro e cominciano a misurare il banco dove sono esposti articoli di intimo a poco prezzo. L'atteggiamento è abbastanza arrogante, bisogna dire.

Ci sono solo un ragazzo, in quel momento dietro al banco, presumibilmente bengalese, che tenta di spiegare in uno stentato italiano che sistemerà tutto, ed una anziana signora, anche piuttosto distinta, che sta acquistando dei calzini.

Mentre i tipi redigono la multa, la signora prende da parte lo sventurato bengalese e, non tanto piano da far si che io non senta: "Senti a me, questi li dovete menare. Non adesso, ma li seguite... la sera... quando tornano a casa".






mercoledì 30 maggio 2012

- ISTITUZIONI + SOLIDARIETA' = FRAGILITA'?



Da qualche giorno è attivissimo il tam tam social-mediatico per segnalare necessità e convogliare tutti i possibili aiuti alle popolazioni terremotate, con la diffusa richiesta di annullare la parata del 2 giugno e destinare l'investimento per l'evento alle stesse popolazioni.

Non a caso tra le prime avvertenze diffuse, subito dopo quella di preparare una sacca con poche cose da trasportare via in caso di evacuazione , oppure quella di rifugiarsi sotto i tavoli in caso di nuove scosse significative, c'era quella di lasciare libera tutte le connessioni wi-fi per consentire uno scambio di comunicazioni più immediato e capillare.

Insomma, in giro sembra esserci molta solidarietà, che però in questo momento attinge molto dal sentimento di sfiducia generalizzata verso le istituzioni e la politica, facendo proprio rima con fragilità.

La Solidarietà non può sostituire i diritti: se c’è tanto bisogno di azioni solidali è perché
qualcosa non funziona nel tessuto sociale, ci sono vuoti di partecipazione, deficit di
responsabilità da parte dei cittadini e dello stato. Il volontariato non deve sanare queste
mancanze, ma anticipare e sperimentare soluzioni possibili per favorire la crescita della
comunità” [Don Luigi Ciotti]

lunedì 28 maggio 2012

Spending review: a ognuno il suo.


Il lemma

spending review locuz. ingl. [composta dai s. spending (‘spesa, spese’) e review (‘resoconto’)], usata in italiano come sostantivo femminile invariabile. – Valutazione e monitoraggio della spesa pubblica, al fine di riesaminare le priorità e migliorare l’efficacia delle strutture.
Elaborato dalla redazione di “Lingua italiana” del Portale Treccani

Sembra che sia stato il ministro dell’Economia e delle Finanze Domenico Siniscalco (II e III Governo Berlusconi), in carica dal 16 luglio del 2004 al 22 settembre 2005, ad usare per primo in Italia la locuzione.  La sua politica, però, non fu adeguatamente sostenuta dal governo cui apparteneva, e Siniscalco si dimise un anno dopo.
Certo, perché a Roma si direbbe: non puoi fare il f….. con il c… degli altri (capito, no?)
Sta di fatto che a tutt’oggi la missione sembra quasi impossibile, e Mr Bondi dovrà usare alternativamente accetta e bisturi, per ottenere qualche risultato soddisfacente.
Tutto questo mentre la crisi induce le famiglie a spendere di meno e a contrarre alcuni consumi a favore di altri beni e servizi più necessari.
Ecco, anche io mi sono ritrovata a fare un elenco delle cose di cui posso fare a meno, dividendo le spese in “capitoli”

Abbigliamento, calzature, borse: mi è pesato molto, soprattutto per le scarpe, ma sono riuscita ad operare una riduzione del 50% del budget di spesa;

Pasti fuori casa: nella pausa pranzo quasi sempre mangiavo una insalata nel  “baretto” vicino l’ufficio, ora porto qualcosa da casa.  Non mi piace molto mangiare fuori la sera, a meno che non sia per incontrare degli amici,  ed unendo l’utile al dilettevole ho operato un taglio del 50% anche per questa spesa.

Fumo: mi concedo  mediamente due sigarette al giorno , tranne momenti di socialità  in cui aumento il numero. Mai oltre 10. Ma ora compero il tabacco, invece che il pacchetto di sigarette. Il risparmio? Sempre il 50%.
Insomma, ho cominciato da qui. Servirà a qualcosa? La risposta nel bilancio consuntivo di fine anno, se non si presenteranno spese straordinarie da fronteggiare.











sabato 26 maggio 2012

Una vagina da favola.

http://www.elephantjournal.com/2012/05/your-ugly-vagina-is-normal-gorgeous-adult/

Eh, ci mancava pure questa notizia, a minare l'autostima di noi povere donne, sempre pronte a massacrarci in favore di un ideale estetico cui assomigliare, per compiacere gli uomini.

Avevo sentito parlare di quegli interventi per ricostruire la verginità,  ma questa proprio mi giunge nuova.  Non staremo esagerando?

venerdì 25 maggio 2012

Le favole a rovescio.

Le favole a rovescio
di Gianni Rodari

C'era una volta
un povero lupacchiotto,
che portava alla nonna
la cena in un fagotto.
E in mezzo al bosco
dov'è più fosco
incappò nel terribile
Cappuccetto Rosso,
armato di trombone
come il brigante Gasparone...,
Quel che successe poi,
indovinatelo voi.
Qualche volta le favole
succedono all'incontrario
e allora è un disastro:
Biancaneve bastona sulla testa
i nani della foresta,
la Bella Addormentata non si addormenta,
il Principe sposa
una brutta sorellastra,
la matrigna tutta contenta,
e la povera Cenerentola
resta zitella e fa
la guardia alla pentola.



Dobbiamo essere consapevoli che il modo in cui ci raccontiamo la vita ci può davvero salvare e farci scrivere la nostra favola al contrario (Gianni Rodari docet).

C'è stato un tempo in cui credevo che la mia storia fosse immutabile.
Certo, ero molto rassicurata da quel copione che sembrava fosse stato scritto solo per me, e recitavo la mia parte in maniera impeccabile, senza timore di apparire ridicola o fuori luogo.

Poi accade qualcosa che ti getta nel caos, smantella tutte le tue certezze e obtorto collo ti "rimette in gioco". Potrai impiegare tutta una vita per imparare a giocare, ma non importa.

Ricordo con affetto e nostalgia la mia nonna paterna, che da bambina non aveva posseduto giocattoli, provenendo da una famiglia umile. Quando mi vedeva armeggiare con le bambole si metteva accanto a me, in silenzio, e mi osservava. Poi, pian piano, timidamente, interagiva, fino ad arrivare a  sceneggiare le nostre storie.     

Un giorno tutte e due volevamo capire come funzionasse il meccanismo degli occhi delle bambole, perchè si aprivano e si chiudevano. Lei prese una forbice e squarciò il viso della bambola. Ci divertimmo tanto quel giorno. Una perfetta favola a rovescio.


giovedì 24 maggio 2012

C'era una volta.

Un bambino, anche se non glielo insegneremo mai, prima o poi ci chiederà :"mi racconti una storia?"
E ascoltando le nostre parole il bimbo entrerà in una specie di trance d'ascolto, immedesimandosi a tal punto nel racconto da abbondare ogni resistenza, fidandosi, meravigliandosi, impaurendosi ogni volta, anche se quella identica storia la raccontiamo milioni di volte.
Leggo dall'età di quattro anni, ho cominciato con "Topolino", avida di conoscere, al di là delle illustrazioni, le parole contenute in quelle nuvolette sopra i personaggi.
Ma, siccome la nostra memoria non funziona propriamente come archivio di tutto quello che abbiamo vissuto, ma si trasforma attraverso il racconto che ci facciamo, di quelle prime letture non ho un bel ricordo, ma reminiscenze di una grande angoscia: in un numero di "Topolino" si parlava di un bambino che aveva salvato la mamma, colpita da un infarto, praticandole un massaggio cardiaco.
Dopo aver letto l'articolo, corredato da un paio di foto della premiazione del bambino con una medaglia , per un periodo che a me sembrò lunghissimo, ma che ragionevolmente potrà essere stato di un paio di mesi, tutte le notti dormivo con una mano sul petto, in ascolto del mio battito cardiaco, per paura di morire di infarto.

martedì 22 maggio 2012

Alla ricerca del tempo riacquistato.

Rammentate Proust e la sua incantevole descrizione del momento in cui, inzuppando un biscotto nel tè bollente, viene come per incanto trasportato al tempo della sua infanzia?
"… All’improvviso il ricordo è davanti a me. Il gusto era quello del pezzetto di maddalena che a Combray, la domenica mattina, quando andavo a darle il buongiorno in camera sua, zia Leonia mi offriva dopo averlo inzuppato nel suo infuso di tè o di tiglio...”
(Marcel Proust, Dalla parte di Swann)


Ecco, questa è l'immagine che, prepotentemente, simboleggia per me la favola. 

Avevo forse quattro anni,  sedevo al tavolo della cucina, e mia madre inzuppava tre o quattro biscotti  nel latte. Al mio rifiuto di aprire la bocca cominciava il racconto: forse il bel cavaliere stava andando a trovare la sua principessa, forse dietro l'angolo della casa c'era un mostro cattivo che lo avrebbe aggredito. 
A quel punto ingoiavo il primo boccone, tutta concentrata a fronteggiare il terribile pericolo. Ma non c'era da preoccuparsi, il cane era un guerriero colpito da incantesimo, e salvando il cavaliere si sarebbe riscattato,  recuperando le sue normali fattezze umane. Oppure il cavaliere in realtà non era che una fanciulla travestita, che voleva sfuggire ad un matrimonio combinato dal padre a sua insaputa... e così via.

Partendo da quelle immagini impresse su una scatola di latta,  le storie potevano avere infiniti sviluppi , infiniti colpi di scena, ma,  soprattutto,  avevano sempre un lieto fine.



lunedì 21 maggio 2012

Fiabe.

"Questo è un Natale burrascoso: ma presentare un libro di fiabe non è mai fuori luogo. Le fiabe contengono una spiegazione generale del mondo, in cui c'è posto per tutto il male e tutto il bene e ci si trova sempre la via per uscir fuori dai più terribili incantesimi" - Italo Calvino