giovedì 24 maggio 2012

C'era una volta.

Un bambino, anche se non glielo insegneremo mai, prima o poi ci chiederà :"mi racconti una storia?"
E ascoltando le nostre parole il bimbo entrerà in una specie di trance d'ascolto, immedesimandosi a tal punto nel racconto da abbondare ogni resistenza, fidandosi, meravigliandosi, impaurendosi ogni volta, anche se quella identica storia la raccontiamo milioni di volte.
Leggo dall'età di quattro anni, ho cominciato con "Topolino", avida di conoscere, al di là delle illustrazioni, le parole contenute in quelle nuvolette sopra i personaggi.
Ma, siccome la nostra memoria non funziona propriamente come archivio di tutto quello che abbiamo vissuto, ma si trasforma attraverso il racconto che ci facciamo, di quelle prime letture non ho un bel ricordo, ma reminiscenze di una grande angoscia: in un numero di "Topolino" si parlava di un bambino che aveva salvato la mamma, colpita da un infarto, praticandole un massaggio cardiaco.
Dopo aver letto l'articolo, corredato da un paio di foto della premiazione del bambino con una medaglia , per un periodo che a me sembrò lunghissimo, ma che ragionevolmente potrà essere stato di un paio di mesi, tutte le notti dormivo con una mano sul petto, in ascolto del mio battito cardiaco, per paura di morire di infarto.

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