sabato 30 marzo 2013

L'hanno presa i tedeschi!







 Illustrazione di Giancarlo Caracuzzo.



Avete sentito del supermercato aperto a Modena, dove in cambio di lavoro si può fare la spesa? Della serie che in epoca di crisi ci si arrangia, e i numeri ci dicono che  aumentano ogni giorno i soggetti che non riescono ad arrivare a fine mese (quasi 4 milioni dalle ultime stime di Confcommercio).

Questa struttura, denominata Portobello, sarà composta da tre locali: magazzino, supermercato vero e un'area di incontro per le associazioni di assistenza e volontariato, per far decollare un progetto che si propone di cambiare lo schema tradizionale del consumo, venendo in aiuto alle famiglie disagiate, che avranno a disposizione gratuita una tessera e un tot di bollini per fare la spesa nell’arco di un anno. In cambio di lavoro e collaborazione. Un'idea tutta da sperimentare, ma che viene da molto lontano, in realtà.

Mentre leggevo mi è venuto in mente un aneddoto che raccontava spesso mia nonna quando ero ragazzina, per farci capire quanto eravamo fortunati, noi nipoti, perchè non ci mancava niente..bla bla. All'epoca  questi discorsi mi annoiavano pure un po'.

Ai tempi della seconda guerra mondiale lei e la sua famiglia  vivevano nella campagna vicino Roma, e non se la passavano malissimo, perchè qualcosa da mangiare dai campi si ricavava sempre.  Il suo cruccio era quello di non poter fare il pane, perchè non si trovava la farina; ironia della sorte, però, disponeva di un magazzino pieno di grano, che a sua volta non si poteva portare al mulino per mancanza di mezzi di trasporto adeguati  (possedevano solo una bicicletta ed un trattore cingolato).

Dopo lo sbarco anglo-americano in Sicilia, nel 1943,  i soldati tedeschi furono costretti ad arretrare e alcuni gruppi si sparsero nelle campagne, stanchi ed affamati. Quando tre giovanissimi soldati bussarono all'uscio di nonna, e quasi piangendo, chiamandola mamma,  chiesero di poter mangiare qualcosa, lei si intenerì, ma pensò bene di proporre uno scambio equo, spiegandosi a gesti: io vi do ospitalità,  ma voi mi accompagnate con la jeep al mulino, a macinare il grano.
In paese tutti quelli che la videro passare sulla jeep,  scortata dai soldati tedeschi,  pensarono che fosse stata catturata per rappresaglia, e che avrebbe fatto una brutta fine. Ma non avevano considerato la grande  capacità politica e mediatrice delle donne.




sabato 23 marzo 2013

Se il cellulare si autodistrugge...

Illustrazione di Giancarlo Caracuzzo.


Quante volte, di fronte al malfunzionamento del cellulare, o della lavatrice, ci siamo sentiti dire da un  tecnico:"Non le conviene proprio ripararlo, il costo sarebbe troppo alto" oppure:"Quel pezzo di ricambio non viene più prodotto". E quante volte ci è venuto il dubbio che alcuni oggetti abbiano una "obsolescenza programmata", per costringerci a riacquistare?

Avevamo ragione, purtroppo. Un gruppo di ecologisti tedeschi, in collaborazione con il Prof. Kleiss, della facoltà di Economia di Aalen, ha studiato una ventina di elettrodomestici e altri prodotti di largo consumo, stabilendo che, mentre negli anni '70 l'aspettativa sulla durata di un elettrodomestico era di 20/30 anni, oggi una lavatrice od un frigorifero durano mediamente 3 anni.

Altri esempi: per la risuolatura delle scarpe vengono usate suole incollate che si consumano rapidamente, ma che è poi impossibile distaccare per sostituirle. In molte chiusure lampo di giacconi i denti sono costruiti a spirale, in modo da rendere l’anima prima del dovuto. 

E io non lo sapevo, ma anche in passato alcune aziende studiarono dei complotti nei confronti dei consumatori. Già nel 1924 i produttori di lampadine elettriche stabilirono di ridurne la durata media, da 2.500 ore a 1.000 ore. Così come la Dupont, che nel 1940 lanciò le rivoluzionarie calze di nylon, ma più tardi decise di modificarne la fibra per renderle meno resistenti.

sabato 9 marzo 2013

Quanto uccide la coerenza?




"From Superheroes to Supersized" Giancarlo Caracuzzo



Da un articolo di Andrea Scanzi sul Fatto Quotidiano, parlando delle differenze tra piddini e grillini:
" Il centrosinistra è un Commodore 64 che nessuno vuol potenziare, il M5S un iPad evoluto che non tutti sanno usare (il fascismo buono, i microchip: ma de che?). Mondi, facce e lingue diverse. Niente alleanze. Niente fiducia. E nemmeno un esperanto all’orizzonte."
Nel suo saggio "Elogio dell'incoerenza", il filosofo polacco Leszek Kolakowski sostenne che, trovandoci regolarmente davanti a scelte egualmente valide che esigono una dolorosa riflessione etica, essere incoerenti è l'unico modo per evitare di diventare ideologi dottrinali, fedeli ad un solo algoritmo. "La progenie degli esitanti e dei deboli... di coloro... che credono nella sincerità ma invece di dire ad un esimio pittore che è un imbrattatele lo elogiano educatamente",  scrisse, "questa progenie degli incoerenti resta una delle grandi speranze per la sopravvivenza della razza umana".Per Kolakowsi, insomma, la coerenza assoluta equivale al fanatismo.
Ed un'altra famosa citazione in merito è quella di Honoré Gabriel Riqueti conte di Mirabeau, scrittore, diplomatico, rivoluzionario, agente segreto e politico francese, segnato da una "bruttezza grandiosa e folgorante", che nel 1700 disse: "solo gli imbecilli non cambiano mai idea".

domenica 3 marzo 2013

American Slimmy


Giancarlo Caracuzzo - "Ernesto"





Qualche settimana fa il ministro della salute inglese ha fatto una esternazione per cui è stata aspramente criticata dai giornalisti, asserendo: "Si può dedurre il background sociale di una persona dal suo peso. E' straziante riconoscere che i bambini più poveri sono quelli a maggior rischio di obesità." E saremmo ipocriti a negarlo, perchè i cibi più economici sono in genere quelli a base di zuccheri e grassi.
Non so se vi sia capitato di guardare il Masterchef americano. Lo stesso Bastianich, così intransigente verso i concorrenti italiani, approva dei piatti che hanno l'aspetto di sofficini ricavati dal brontosauro.
E  i concorrenti si avventurano in "mappazzoni" indicibili, giudicati da uno chef esageratamente sovrappeso.
Il culto per il cibo non è evidentemente tra le priorità per il popolo americano.
La buona notizia, però, è, che complice anche l'attivismo di Michelle Obama, che ha iniziato tre anni fa la sua crociata, negli Stati Uniti si sta riducendo, seppure di poco, quella che possiamo definire una vera patologia,  che porta sempre con sè il diabete,  e infinite malattie collegate: una grande ricerca federale prova che i ragazzini iniziano ad ingurgitare meno calorie, e anche gli adulti dai 40 ai 59 anni stanno abbondonando le terribili abitudini che hanno portato quasi il 36% della popolazione all'obesità. Vanno sicuramente meglio i cinquantenni bianchi e gli afroamericani,  mentre gli ispanici sono ancora in ritardo, consumando ancora troppi carboidrati.
Perfino le grandi multinazionali produttrici di merendine e cibo spazzatura, per non perdere fatturato, si riciclano in qualche modo, inventando delle confezioni accattivanti che in realtà nascondono semplici carote.
E se obesità e sovrappeso cominciano ad essere curate nei paesi industrializzati, vengono comunque considerate le epidemie del futuro, con conseguenze molto serie sulla salute degli individui. Il fatto che sempre più Paesi emergano dalla povertà e procedano verso un benessere diffuso, rischia di rappresentare per i loro cittadini un fattore non completamente positivo, sul piano sanitario e dell'ambiente globale, se diffonderà in tutto il mondo le pessime abitudini alimentari americane. Ormai è provato che troppa carne, troppi grassi, troppo zucchero costituiscono alla lunga dei veleni. Ed è altrettanto chiaro che i cibi che fanno peggio alla salute fanno male anche all'ambiente, perché derivano da produzioni più inquinanti.
 Un dato ancora più sconfortante: un terzo della produzione alimentare mondiale va sprecata: ogni anno si perdono 1,3 miliardi di tonnellate di cibo. Secondo la Fao, nei Paesi in via di sviluppo succede perché mancano i mezzi di trasformazione e conservazione delle derrate alimentari. Nelle nazioni ricche, invece, lo spreco avviene all'interno delle famiglie. Per rimanere in Italia, ogni anno buttiamo nella spazzatura 6,6 milioni di tonnellate di cibo, una media di 146 chili a testa. Un vero schiaffo alla povertà.