sabato 19 aprile 2014

Non ci sono più le bambole di una volta. Ma questa mi piace.



Flavia Caracuzzo - La leggenda del Crisantemo

Non so voi, ma io sono stata una grande amante delle bambole, con la fortuna che la mia mamma era una donna dotata di grande senso estetico, oltre che una bravissima sarta. 

Mi sono sembre sbizzarrita, quindi, a commissionarle le mie creazioni, in un tempo in cui non esistevano vestitini "pronti" da acquistare. Lei ha confezionato per i miei bambolotti e le mie bambole di tutto: dalla cuffietta da neonato all'abito da sera. 
Per quanto riguarda poi l'evoluzione dell'oggetto,  mi ero fermata alla Barbie, che in realtà non mi aveva mai appassionato, forse proprio perchè disponevo della possibilità di trasformare a mio piacimento le piccole "creature".
La povera Barbie è stata a tratti molto criticata, per esempio dalla Professoressa  A. Oliverio Ferraris -Ordinario di Psicologia dello Sviluppo presso la Facoltà di Psicologia dell’Università di Roma Sapienza, che qualche anno fa ha scritto un saggio dal titolo “La sindrome di Lolita”:
"La bambola classica degli anni Quaranta e Cinquanta era una bambina di due o tre anni, spesso un neonato, che aveva la doppia funzione di intrattenere e insieme avviare le bambine al mestiere di madre. Il bambolotto veniva vestito, svestito, cullato, allattato, imboccato, sgridato, baciato, aveva la sua carrozzina e il biberon. Gli abiti erano quelli dei bimbi piccoli. Negli anni Sessanta e Settanta compare la Barbie , una giovane donna, amante dell’eleganza, dei viaggi e dello sport, non più legata ai ruoli domestici tradizionali e accompagnata da Ken, il fidanzato. Barbie ha un enorme guardaroba e molti accessori per la sua toilette personale. Sebbene non sia un tipo materno, Barbie può avere dei figli; si tratta però di bambolottini di dimensioni molto ridotte che certamente non possono essere abbracciati e cullati. Una bambina che gioca con una bambola tradizionale e una che si intrattiene con la Barbie giocano in modi differenti. La prima si cala nel ruolo di mamma e si affeziona al bambolotto. La seconda si identifica con un suo alter ego «grande» e sviluppa delle aspirazioni per sé. La Barbie ha oggi una temibile concorrente nelle Bratz, che hanno fatto la loro irruzione sul mercato nel 2001. Le Bratz propongono un modello marcatamente diverso non solo dalle bambole tradizionali ma anche dalla Barbie: non trascorrono più il tempo in piscina, in viaggio e con gli amici, ma a preoccuparsi del proprio look e a fare shopping, uno shopping estremo che avvia le bambine alla carriera di consumatrici.”

...“Le imparano a truccarsi a cinque-sei anni, ad atteggiarsi a vamp a sette-otto, a fare shopping a otto-nove. Sostenute spesso in questi «gusti» dalle madri, che prendono a modello le star e le loro figlie, testimonial bambine di importanti case di moda.


Devo dire la verità, soltanto qualche giorno fa ho sentito parlare di American Girl:



"Quello di American Girl è un caso unico nel business delle bambole. Nate da un’idea di Pleasant Rowland, un’insegnante che voleva coniugare divertimento e studio, tali bambole sono ispirate alla storia degli Stati Uniti. Alte 45 centimetri, rappresentano bimbe di 9 anni caratterizzate per appartenenza etnica e periodo storico: dall’indiana alla colonialista, dalla pioniera all’orfana della Grande Depressione sino alla figlia della Guerra di Secessione. L’obiettivo era quello di far apprendere la cultura americana e porre l’accento sulle origini di ogni gruppo etnico e sociale. La trovata ha riscosso successo presso le ragazzine tra i sette e i tredici anni al punto che Mattel l’ha fatta propria arricchendo l’idea della bambola da collezione con un universo esperienziale sintetizzato compiutamente negli American Girl Place, ambientazioni in cui queste bambole imitano la vita. Il primo negozio, quello di Chicago, è sorto nel 2003. A questo hanno fatto seguito quelli di New York e di Los Angeles. "
Com'è strutturato il negozio?


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Lo store è articolato su tre piani. Quello underground è adibito alla presentazione della collezione storica. Un museo delle bambole nelle loro varie etnie e periodi storici: il luogo richiama soprattutto le nonne che vi rivivono il loro passato. La carica simbolica è enfatizzata dalla presenza di opere d’arte e di un teatro in cui baby-attori rappresentano scene di vita al femminile. 

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Il piano terra è lo spazio dedicato ai libri. Ogni bambola ha a corredo un libro che ne racconta l’infanzia e la vita. È questo il luogo dove avviene l’edutainment (education + entertainment) che è il cuore del brand. Attraverso queste letture le bambine apprendono la storia del proprio paese, ma anche i problemi della vita quotidiana: i rapporti con i genitori e le amiche, le difficoltà di un trasloco o quelle della scuola.
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Al terzo piano si trova la collezione American Girl Today, le bambole di ultima generazione che ritraggono l’americana modello di oggi: sport elitari, bellezza e convivialità. Un modello che va a ruba presso le bambine appartenenti alle classi socio-economiche più alte. Inoltre è questo lo spazio dei servizi a pagamento: parrucchiere, sala da tè e ospedale per le bambine e le loro amiche.



Il motto è "just like you", proprio come te, ossia le bambine possono creare la bambola del cuore a propria immagine e somiglianza: con gli occhiali o l'apparecchio, la pelle bianca o nera, i capelli biondi, castani o rossi, corti o lunghi, mossi o ricci, gli occhi azzurri o scuri. E ancora bambole sportive, amanti della natura o degli animali. Tutto sta nel trovare la propria "gemella".
La povera Barbie finisce quindi in soffitta,  nel Paese dove spendere e far spendere è quasi un'arte. E l'American Girl Place sembra il posto per eccellenza, anche se i prezzi non sono certo popolari (si parte dai 120 dollari per la bambola, per poi proseguire con accessori e vestitini non meno cari). Ma figuriamoci se questo scoraggia i genitori. 
Sono sincera, una visita, se mi trovassi da quelle parti, ce la farei, rispolverando la bambina che è in me. :-)