domenica 17 febbraio 2013

Prova a prendermi!

Sono rimasta piuttosto colpita dalla notizia che,  in Italia, un adolescente su tre è scappato di casa almeno una volta. Spesso si tratta di brevissime fughe, che durano qualche ora, e spesso i ragazzi tornano a casa spontaneamente. Per fortuna  il numero dei minori di cui si perdono veramente le tracce è piuttosto basso (alcuni nomi sono tristemente famosi, come Angela Celentano e Denise Pipitone, per non parlare di Manuela Orlandi), ma ci induce a ragionare sulla voglia dei ragazzi di lanciare dei segnali alle famiglie, probabilmente.

Mi ricordo che le pochissime volte che l'ho vagheggiata,  una fuga,  perchè magari i miei non mi concedevano abbastanza libertà,  ho sempre desistito, ma capisco ora che al di là di ogni singola motivazione, è vero soprattutto che l'assenza serve ad amplificare la presenza.

In una società dove è possibile raggiungere e contattare i propri figli premendo un tasto, avere sempre il controllo di tutto e di tutti, questa sottrazione sconvolge e atterisce i genitori. E forse i ragazzi ci vogliono far presente proprio questo. Che anche se ci siamo  a volte non siamo intimamente connessi. E che loro magari vogliono un'attenzione diversa.

In Giappone, invece, più che la fuga, i ragazzi sperimentano il ritiro sociale: l'hikikomori colpisce come una epidemia più di un milione di individui tra I 15 e I  20 anni. L’evento scatenante è di solito un problema scolastico come il bullismo, il fallimento di un esame o la fine di una storia, che induce i ragazzi a chiudersi nella propria stanza senza più uscirne, anche per diversi mesi.

E a Londra c'è l'allarme "bussing": i preadolescenti che passano abitualmente la notte sui night bus sono in aumento. Pagano il biglietto ma non devono andare da nessuna parte. Preferiscono dormire scomodamente,  su un sedile, piuttosto che a casa, in un ambiente di disagio e degrado. L'unico pericolo, dicono, è incappare in una vera gang. Dormono con un occhio solo e, appena li avvistano, cambiano rotta.



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