mercoledì 7 agosto 2013

Quando il reality diventa horror.



(Illustrazione di Flavia Caracuzzo)

Come dice Carlo Freccero, gli spettacoli stile reality ci divertono perchè traducono la realtà in gioco, coinvolgendoci e rendendoci partecipi.
E il dispositivo televisivo è ossessionato dalla realtà spettacolare, sfruttando chi,  pur di partecipare,  è pronto a tutto. Gli autori, poi,  (se fosse solo realtà, non servirebbero), pur di raggranellare ascolti e stupire, se ne inventano una più del diavolo.
Andiamo in Pakistan, per esempio, dove si offrono premi in cambio di risposte esatte a domande sul Corano. Ma alcune coppie, invece di un televisore o di un frigo, si sono viste offrire un bambino abbandonato.
Negli Stati Uniti si aspetta con ansia "The ghost inside my child", che promette solo storie vere  di bambini che raccontano "ricordi di vite precedenti" o passate esperienze traumatiche. La puntata pilota,  con un ragazzino che raccontava la sua caduta nel vuoto dalle Torri Gemelle del 2001, ha prodotto commenti e polemiche.
Ma leggo che c'è molto di peggio, e non solo in Cina, dove si fanno interviste a condannati a morte prima dell'esecuzione, ma anche nella  emancipata Olanda: in "Cavie" si deve superare ogni tabù, perfino mangiare pezzetti della propria carne, e in un altro show una malata terminale decideva a chi dei tre concorrenti in dialisi donare il suo rene, aiutata dal voto da casa degli spettatori.
Sembra ieri, insomma, che il povero Pietro Taricone si appartava dietro al divano, nella casa del Grande Fratello,  per fare sesso eludendo le telecamere, agli albori di quei comportamenti voyeristici e sensazionalistici che avrebbero fatto scuola nello spettacolo televisivo.




Nessun commento:

Posta un commento