lunedì 22 ottobre 2012

Ernesto e Mirella - La meraviglia dell'abbraccio.

Nel racconto che ho scritto e Giancarlo Caracuzzo illustrato, si intrecciano più storie, ma il
fil rouge che le lega è la voglia dei miei personaggi di essere protagonisti del proprio destino.

E che c'entra l'abbraccio, direte voi?  Un attimo,  provo a spiegarvi. Da quando ballo il tango ho scoperto questo eccezionale strumento di comunicazione.
Non parlo dell'abbraccio penetrante e strofinante che descrivono nei manuali di educazione sessuale come preliminare all'atto,  nè quello della mamma che attira a sè il bambino con fare protettivo.
Parlo di quel gesto, spesso sottostimato,  che è la dimostrazione, la volontà di andare verso l'altro, di toccare la sua anima, di trasmettere le proprie vibrazioni. Quell'atto che parla di noi, che assume vari significati dipendenti dalla velocità dell'azione, dal tipo di stretta, a volte forte, a volte incontrollata, a volte semplicemente abbozzata.

Un gesto  apparentemente così semplice che si rivela, per molti neofiti del tango, come la mia Mirella, una sfida. L'abbraccio per lei è un contatto intimo, e inizialmente non riesce a farlo in maniera spontanea: avvicinarsi a un’altra persona  è un rischio, significa abbattere  quelle barriere che separano i corpi, avere fiducia dell'altro, annusarlo, farsi toccare e sostenere,  avendo al tempo stesso consapevolezza dei propri confini, per non pesare troppo.


L'altra sera, durante il vernissage di "From SuperHeroes to SuperSized" ero così contenta,  ho abbracciato un sacco di gente, mi veniva proprio spontaneo.  Ripensandoci,  almeno la metà delle persone rimaneva spiazzata, un po' incredula, un po' sulla difensiva.  Forse non hanno mai ballato il tango, nè partecipato alla campagna degli abbracci gratis.

Campagna degli abbracci gratis.

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