sabato 5 ottobre 2013

Manmohan, le sue frittate, e l'India che non cresce più.

Illustrazione di Giancarlo Caracuzzo


Manmohan si chiama come l'attuale primo ministro indiano, artefice dal 1991 della rivoluzione economica che  ha portato il suo paese  ai primi posti mondiali nella crescita del pil, incentivando l'imprenditoria privata e liberandola dai moltissimi e complicatissimi apparati di permessi e regole.

L’ascesa dell’India fino all'anno scorso appariva così inarrestabile che, in occasione dell’annuale forum di Davos, un rappresentante del paese ebbe a dichiarare: “l’India crescerebbe anche dormendo”. Non sembra, però, stia andando esattamente così.

Ma torniamo al nostro Manmohan. Si sveglia ogni mattina alle 6, e non deve fare un lungo tragitto per andare ad aprire la sua bottega, perchè il suo giaciglio è sistemato ai bordi di una delle più affollate strade di New Dehli, in uno dei distretti più eleganti.

Si lava la faccia con l'acqua (quasi pulita) di una bottiglia, si da una sistemata ai capelli tinti con l'hennè, ed è pronto per la sua giornata di lavoro in strada. Fin dalle prime ore del mattino comincia a vendere le sue mercanzie: tabacco, bibite, caramelle sfuse, uova bollite. Non prima di aver spazzato il suo luogo di lavoro, sistemato l'altarino votivo con le offerte alle divinità e dato una ciotola di latte al suo fedelissimo cane.

Ma il suo prodotto di punta sono le frittate, corredate di pancarrè e cipolle. A partire dal pomeriggio si contano in fila davanti al banchetto circa 40 persone all'ora, e Manmohan si fa dare il cambio, occasionalmente, da qualche aiutante, utilizzato anche per scaricare la merce e fare qualche lavoro più pesante. Il fornello è uno di quelli ricavati da una lattina;  si va avanti fino a mezzanotte.

Manmohan rappresenta il simbolo della nuova economia "informale". Non paga alcuna tassa, e al netto delle spese il suo reddito è di circa 1.000 euro al mese. Una cifra notevolissima per il potere d'acquisto indiano. E veniamo agli acquisti, appunto. Gli indiani hanno un debole per l'oro, e anche Manmohan, come ogni rappresentante della nuova borghesia, non fa che accumularne, aggravando così la bilancia delle importazioni e contribuendo al deficit governativo.

E allora, mi chiedo, cosa succederà quando, per effetto della globalizzazione, si affacceranno all'imprenditoria circa due miliardi di piccoli commercianti, tra indiani e cinesi?














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