venerdì 12 ottobre 2012

Intelligenza o genio?


Nella monumentale biografia di Steve Jobs,  ricostruita da Walter Isaacson, emergono qua e là  tutte le schegge di incontentabilità e stravaganza che caratterizzavano l'uomo nella sua quotidianità, nonostante sia stato probabilmente il leader più innovativo e di maggior successo dell'ultimo secolo, avviando una start-up nel garage dei genitori fino a trasformarla nell'azienda di maggior valore al mondo.

Tra tutti,  mi ha incuriosito l'interrogativo che si è posto Isaacson una sera quando, cenando nella cucina di Jobs insieme ai suoi familiari, l'ha visto completamente disinteressato nel risolvere un rompicapo, dopo aver tentato un paio di risposte brillanti, ma non risolutive, appunto.
Da lì la considerazione: Jobs non era intelligente, almeno non in senso convenzionale. Jobs era un genio. " I suoi sforzi di immaginazione erano istintivi, incredibili, di tanto in tanto prodigiosi. Erano innescati dall' intuizione, non dal rigore analitico. Esperto di buddismo zen, Jobs era arrivato a dare maggior importanza alla saggezza che nasce dall' esperienza più che all' analisi empirica. Non studiava dati, non masticava numeri, ma al pari di un esploratore sapeva fiutare il vento e presagire che cosa avrebbe incontrato più avanti"

Jobs, non a caso, riesce meglio quando si lancia in imprese visionarie e quasi impossibili, quando progetta di coniugare estetica e funzionalità, quando,  indugiando in un perfezionismo al limite della psicopatologia, riesce a carpire i pensieri più intimi delle persone, ad intimidirle, a prendere di mira i loro punti deboli più reconditi ed infine a compiacerle.
Per fare un solo esempio, mentre gli altri producevano computer a forma di scatola con interfacce seriose,  Jobs si rese conto che esisteva un mercato pronto ad accogliere un' interfaccia paragonabile a una gioiosa e luminosa sala giochi. E nacque il Macintosh.

Nell'analisi degli ingredienti fondamentali allo sviluppo del genio,  Isaacson chiude così:  "è molto probabile che Cina e India sforneranno molti rigorosi pensatori analitici e tecnici di grande spessore. Ma non sempre l' innovazione nasce da gente brillante e istruita. Il vantaggio dell' America - se mai ce n' è ancora uno-è che potrà dare alla luce persone anche più creative e dotate di immaginazione. Persone che sapranno come collocarsi al punto di incontro tra le materie umanistiche e le scienze. Questo, come dimostra l' intera carriera di Jobs, è il segreto della vera innovazione."

Ecco, appunto, noi europei non siamo più neanche citati.

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